Poesia che mi guardi e mi parli

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E’ da tanto tempo che avrei voluto dedicare un post alla poetessa Antonia Pozzi. C’è da chiedersi allora, cosa mi ha fermato fino ad ora?

Credo che sia stato l’avere trovato nelle sue poesie, quindi nella sua vita, una mole di riflessioni interiori, di pensieri e parole con cui è sempre difficile confrontarsi; figuriamoci scriverci. Cosa da non sottovalutare il fatto che Antonia Pozzi era anche una fotografa. Elemento che mi accomuna ulteriormente a lei. Due passioni, en plain!

Poi è successo che girovagando, come al mio solito, alla ricerca di spunti interessanti sul mondo della poesia, sono arrivato sul portale di RAI Edu Letteratura. A proposito, buttateci un occhio. Potreste rimanere piacevolmente sorpresi.

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La poesia in TV – Vinicius de Moraes

Vinicius de Moraes è  stato un poeta, cantante, compositore, drammaturgo e diplomatico brasiliano.

Anche in seguito alle vicissitudini politiche del Brasile della fine degli anni ’60 e dei primi anni ’70, Vinicius de Moraes è frequentemente in Italia con Toquinho con apparizioni anche televisive. Ciò aprì la strada alla musica latino-americana che vivrà un’epoca di relativo successo (vedi Per un pugno di samba di Morricone – De Hollanda) che si concluderà all’inizio degli anni ’80 con la partecipazione di Toquinho a Sanremo con Acquarello.

Una selezione di poesie di Vinícius de Moraes è stata tradotta in italiano da Giuseppe Ungaretti, che conobbe de Moraes nel ’37, durante il suo soggiorno in Brasile. Parte delle traduzioni di Ungaretti è oggi rintracciabile nel volume Traduzioni Poetiche di Ungaretti nei Meridiani Mondadori. Anche molte delle sue canzoni sono state tradotte.

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La poesia in TV – Federico García Lorca

Federico García Lorca (Fuente Vaqueros, 5 giugno 1898 – Víznar, 19 agosto 1936), poeta e drammaturgo spagnolo appartenente alla cosiddetta generazione del ’27, un gruppo di scrittori che affrontò le Avanguardie europee con risultati eccellenti, tanto che la prima metà del Novecento viene definita la Edad de Plata della letteratura spagnola.

Di fronte alla chiesa c’è la casa dove sono nato. E’ grande, pesante, maestosa nella sua vecchiaia… Ha delle inferriate che suonano come campane. Da bambino i miei amichetti ed io le facevamo suonare con una sbarra di ferro; quel suo suono ci faceva impazzire dall’allegria e giocavamo a farle rintoccare a fuoco, a morto e a battesimi… Dentro, la casa è fredda e bassa. Sui suoi balconi le piccole scolare recitavano versi e canti quando passava la Madonna dell’Amore Bello ed io ero re con un bengala in mano.
Federico García Lorca

SE LE MIE MANI POTESSERO SFOGLIARE

Pronuncio il tuo nome
nelle notte buie,
quando gli astri vanno
a bere alla luna
e dormono gli alberi
delle foreste cupe.
Ed io mi sento vuoto
di passione e musica.
Orologio impazzito che canta
morte ore antiche.

Pronuncio il tuo nome
In questa notte buia,
e il tuo nome suona
più lontano che mai.
Più lontano delle stelle,
più dolente della pioggia quieta.

Ancora ti amerò
Come allora? Quale colpa
ha il mio cuore?
Se si alza nebbia
quale nuova passione m’attende?
Sarà tranquilla e pura?
Potessero le mie mani
sfogliare la luna!

Federico Garcìa Lorca

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A Cesena

Piove. È mercoledì. Sono a Cesena,
ospite della mia sorella sposa,
sposa da sei, da sette mesi appena.

Batte la pioggia il grigio borgo, lava
la faccia della casa senza posa,
schiuma a piè delle gronde come bava.

Tu mi sorridi. Io sono triste. E forse
triste è per te la pioggia cittadina,
il nuovo amore che non ti soccorse,

il sogno che non ti avvizzì, sorella
che guardi me con occhio che s’ostina
a dirmi bella la tua vita, bella,

bella! Oh bambina, o sorellina, o nuora,
o sposa, io vedo tuo marito, sento,
oggi, a chi dici mamma, a una signora;

so che quell’uomo è il suocero dabbene
che dopo il lauto pasto è sonnolente,
il babbo che ti vuole un po’ di bene…

« Mamma! » tu chiami, e le sorridi e vuoi
ch’io sia gentile, vuoi ch’io le sorrida,
che le parli dei miei vïaggi, poi…

poi quando siamo soli (oh come piove!)
mi dici rauca di non so che sfida
corsa tra voi; e dici, dici dove,

quando, come, perché; ripeti ancora
quando, come, perché; chiedi consiglio
con un sorriso non più tuo, di nuora.

Parli d’una cognata quasi avara
che viene spesso per casa col figlio
e non sai se temerla o averla cara;

parli del nonno ch’è quasi al tramonto,
il nonno ricco, del tuo Dino, e dici:
« Vedrai, vedrai se lo terrò di conto »;

parli della città, delle signore
che già conosci, di giorni felici,
di libertà, d’amor proprio, d’amore.

Piove. È mercoledì. Sono a Cesena,
sono a Cesena e mia sorella è qui
tutta d’un uomo ch’io conosco appena.

tra nuova gente, nuove cure, nuove
tristezze, e a me parla… così,
senza dolcezza, mentre piove o spiove:

« La mamma nostra t’avrà detto che…
E poi si vede, ora si vede, e come!
sì, sono incinta… Troppo presto, ahimè!

Sai che non voglio balia? che ho speranza
d’allattarlo da me? Cerchiamo un nome…
Ho fortuna, è una buona gravidanza…»

Ancora parli, ancora parli, e guardi
le cose intorno. Piove. S’avvicina
l’ombra grigiastra. Suona l’ora. È tardi.

E l’anno scorso eri così bambina!

Marino Moretti (1885-1979)

La poesia in TV – Boris Pasternak

Boris Leonidovič Pasternak. Mosca, 10 febbraio 1890 – Peredelkino, 30 maggio 1960. E’ stato un poeta e scrittore russo.

Mia sorella la vita anche oggi in piena 

Mia sorella la vita anche oggi in piena
s’è franta come pioggia primaverile contro tutti,
ma la gente coi ciondoli è altamente scontrosa
e con garbo punge, qual serpe nell’avena.

I più anziani hanno in questo le proprie ragioni.
Senza dubbio, senza dubbio è ridicola la tua,
che siano nel temporale lilla gli occhi e le aiuole
Ie d’umida rese da profumi l’orizzonte.
Che in maggio, quando l’orario dei treni
nello scompartimento leggi, col tratto di Kamysin,
più grandioso esso sia delle Sacre Scritture
e dei sedili neri per polvere e bufere.

Che appena il freno s’imbatte, latrando,
nei campagnoli pacifici d’una vigna sperduta,
dalle cuccette guardino se non sia la mia fermata
e, tramontando, il sole si dolga con me.
E per la terza v.olta spruzzando salpa il campanello
con scuse ininterrotte: spiacente, non è qui.
Sotto la tendina alita una notte ardente
e la steppa svanisce dai gradini verso una stella.

Occhieggiando, ammiccando, ma dormono dolcemente.
in qualche dove
t e come fata-morgana dorme l’amata
I nell’ora in cui il cuore, guizzando per le piazzole,
‘I gli sportelli dei vagoni sparge nella steppa.

Boris Pasternak 

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Il bove

T’amo, o pio bove; e mite un sentimento
Di vigore e di pace al cor m’infondi,
O che solenne come un monumento
Tu guardi i campi liberi e fecondi,
0 che al giogo inchinandoti contento
L’agil opra de l’uom grave secondi:
Ei t’esorta e ti punge, e tu co ‘l lento
Giro de’ pazienti occhi rispondi.
Da la larga narice umida e nera
Fuma il tuo spirto, e come un inno lieto
Il mugghio nel sereno aer si perde;
E del grave occhio glauco entro l’austera
Dolcezza si rispecchia ampio e quieto
Il divino del pian silenzio verde.

Giosuè Carducci

La poesia in TV – Antonio Machado

Antonio Machado nasce il 26 luglio 1875 a Siviglia; muore a Collioure, il 22 febbraio 1939. Poeta spagnolo, appartenente alla cosiddetta generazione del ’98.

NUDA È LA TERRA

Nuda è la terra, e l’anima
ulula contro il pallido orizzonte
come lupa famelica. Che cerchi,
poeta, nel tramonto?
Amaro camminare, perché pesa
il cammino sul cuore. Il vento freddo,
e la notte che giunge, e l’amarezza
della distanza… Sul cammino bianco,
alberi che nereggiano stecchiti;
sopra i monti lontani sangue ed oro…
Morto è il sole…
Che cerchi, poeta, nel tramonto?

Antonio Machado

(da “Soledades”, 1903)

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La rosa bianca

Coglierò per te
l’ultima rosa del giardino,
la rosa bianca che fiorisce
nelle prime nebbie.
Le avide api l’hanno visitata
sino a ieri,
ma è ancora così dolce
che fa tremare.
E’ un ritratto di te a trent’anni,
un pò smemorata, come tu sarai allora.

Attilio Bertolucci

La poesia in TV – Wystan Hugh Auden

IL ROMANZIERE

Appuntato al talento come a un’uniforme,
il grado dei poeti è noto a tutti;
stupirci come un temporale possono,
morire tanto giovani, per anni viver soli.

Possono scatenarsi come ussari: ma lui deve
liberarsi del suo dono puerile e apprendere
a esser complesso e semplice, a esser uno
che nessuno si sogna di seguire.

Per realizzare il più facile dei suoi voti,
deve infatti far sua tutta la noia,
prono agli ovvi lamenti dell’ amore, tra i Giusti

esser giusto, tra i Luridi essere pure lurido,
e, se può, nel suo debole Io deve soffrire
senza intendere tutti i misfatti dell’Uomo.

Wystan Hugh Auden

Funeral blues

Fermate gli orologi, staccate la cornetta,
date al cane un osso succulento prima che si metta
ad abbaiare, zittite i pianoforti e al cupo segnale
del tamburo portate fuori il feretro, parta il funerale.

Alti gli aeroplani s’avvitino con voce di sconforto
scarabocchiando in cielo la notizia: È morto.
Mettete un nastro nero al collo bianco d’ogni piccione,
fate indossare ai vigili guanti neri di cotone.

Era il mio nord, il mio sud, il mio ovest, il mio est,
la mia settimana di lavoro e il mio giorno di festa,
il mio meriggio, la mia notte, la mia parola, il mio canto.
Sbagliai a pensare eterno quest’amore – ora so quanto.

Le stelle non servono più: spegnetele una a una
smontate il sole e imballate la luna
strappate le selve e scolate tutto il mare.
Nessun piacere potrà mai tornare.

Wystan Hugh Auden

“Funeral Blues” è una delle sue poesie più famose. Citata nei film “L’attimo fuggente” (1989) di Peter Weir e “Quattro matrimoni e un funerale” (1994) di Mike Newell.

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Il Programma

La nuova stagione di Antivirus è un viaggio alla scoperta della grande poesia internazionale del novecento. Attraverso trenta capolavori: trenta libri di poesia di altrettanti straordinari poeti, vivremo in ogni latitudine e grado il secolo poetico che ci siamo lasciati alle spalle.. Davide Rondoni, con l’aiuto di Maria Cristina Blu ci racconterà in ogni puntata un libro entrato nella storia della letteratura mondiale. Da Domenica 22 gennaio alle 13 e 20 su TV2000.