Freud, prosegue ponendo una domanda e dandosi una risposta. Marzullo docet; io inizio dalla risposta. No.
Non c’è ragione di ritenere che le prime tracce della “fantasia poetica” si trovino nell’infanzia. Anzi, sarò più chiaro. Poiché Freud, parla più specificatamente del Bambino, la risposta è ancor più certa. Un bambino a tutto può pensare durante il gioco tranne che a qualche virus della di poesia.
Il pensatore Freud, infatti, propone al lettore un’interpretazione della poesia come il gioco di un bambino.
Se dovessimo accettare la tesi di Freud, allora questo ragionamento dovremmo riproporlo per tutte le arti creative (Vedi analisi 1 e 2). Chiunque rielabori pensieri nella propria mente, nel proprio io, e li trasformi in arte, altro non fa, che stare giocando come un bambino.
Se vale il principio secondo cui la rielaborazione mentale della realtà è un gioco, allora tutta la popolazione mondiale gioca ogni giorno. Credere in qualcosa che potrebbe avvenire è un gioco, Illudersi di qualcosa è un gioco, forse pensare è un gioco? Chi scrive romanzi gioca. Chi crea un’opera architettonica partendo da un’idea gioca. Chi disegna l’arte gioca. Tutti giochiamo.
Se vale tutto questo, allora ci sto. L’opera del poeta è un gioco.
Piuttosto che accettare questa definizione “giocosa”, preferisco individuare i punti di disaccordo del poeta e, quindi della poesia, dal gioco del bambino.
Freud spiega che il poeta prende sul serio il suo gioco. Ci dice che l’opposto del gioco è il mondo reale.
Quindi il poeta creerebbe l’idea della poesia dal mondo irreale, l’adatta a suo gradimento e, giocando, la trascrive su di un foglio forgiando una poesia.
Questa appena descritta, sembrerebbe l’idea che ha del poeta, Freud.
Inutile fare presente che tale attività sarebbe comune praticamente a tutte le arti che sono frutto di interpretazione della realtà, di rielaborazione e produzione.
Quest’ultimo concetto, però, non ci dice perché questo modo di interpretare l’attività del poeta (dell’arte in genere direi io) non è corretta, o meglio, così intesa non è corretta.
L’errore di fondo risiede nell’interpretazione generale che Freud sta dando al suo pensiero. Un po’ sempliciotta, passatemi il termine.
Quando da piccolo giocavo, non avevo una cognizione piena del mondo circostante. Non avevo esperienza di tanti stati d’animo che la vita e le prime esperienze adolescenziali ti danno. Non avevo esperienza del dolore, della tristezza e della felicità che da adulto si acquisiscono.
Vedete, se fosse corretto il pensiero di Freud, non ci sarebbe differenze tra una poesia scritta in punto di morte da un uomo anziano ed il gioco di un bambino. Frutto del gioco sarebbe l’uno e frutto del gioco l’altro.
Mi spiace, ma non lo ritengo sensato. Se poi le due attività hanno in comune la rielaborazione secondo la propria chiave di lettura della vita, dell’immaginazione, beh, allora tutte le attività dell’essere umano , giorno per giorno, sono giochi più o meno seriosi. Questa è un’idea, a parer mio, forzata. Frutto, ritengo, degli errori della prima parte dell’analisi.
Credo, invece, che il gioco del bambino soppesi alla necessità dello stesso e della sua mente di conoscere il mondo, di divertirsi, di dare sfogo alle proprie energie vitali.
Nello stesso tempo credo che l’attività del poeta quasi mai serve ai fini della conoscenza intesa nel senso del bambino), spesso il divertimento lascia il posto al dolore, alla rassegnazione, alla piena consapevolezza della vita, alla rielaborazione della vita. Tutte attività che non possono essere colte con consapevolezza dal bambino.
Per quanto attiene alla percentuale di fantasia insita nell’elaborazione della poesia, non credo di essere in grado di formulare una tesi generale. Credo, tuttavia, che nella poesia sia maggiore la realtà della fantasia. Infatti, il più delle volte, le poesie sono frutto di fatti reali, accadimenti materiali, stati d’animo patiti frutto di avvenimenti di vita vissuta.
La fantasia c’entra ben poco nella maggior parte dei casi. Di sicuro nulla ha a che vedere con la fantasia che il bambino mette nel gioco.
L’ultima parte di questo estratto ci porta ad una ulteriore riflessione. Freud ritiene che il lavoro di fantasia del poeta porta a conseguenze fondamentali per la tecnica artistica. Se diamo la corretta interpretazione al lavoro introspettivo del poeta (quindi non come semplice gioco fantasioso del bambino), sono d’accordo che la produzione di questo lavoro introspettivo produce a tali conseguenze. Mi pare un concetto ovvio visto che di produzione artistica stiamo parlando.
Andiamo a concludere con l’ultima parte, la più oscura. Freud ritiene che da imprecisate molte cose (di una poesia ritengo), se rapportate nella realtà, non può trarsi godimento. Se ne può trarre, invece, se prese dal punto di vista della fantasia.
Abbiamo, quindi conferma che Freud separa nettamente il mondo del poeta in reale ed immaginario e suggerisce un’interpretazione fantastica della poesia al fine di goderne compiutamente.
Ottimo. Io suggerisco esattamente il contrario. La poesia deve essere vista con gli occhi della realtà, nuda e cruda. Solo l’interpretazione reale, solo guardando alla propria esistenza ed a quella del poeta sarà possibile goderne a pieno. Goderne o struggersi. Sentimenti opposti ma gemelli per chi ama la poesia. Indivisibili.
In definitiva, credo, che le prime tracce della fantasia poetica, non si debbano ricercare né nell’età fanciullesca, né nell’adolescenza, né della saggezza di un anziano. Possono, piuttosto risiedere, di volta in volta, nella vita di un uomo o di una donna, nella bellezza della vita, nella bellezza di un fiore, nel mare, nell’amore e nell’odio, in un viale o nel tramonto. Nella vita reale? molto più probabile.
Nel volere donare, a se stessi o al prossimo, un punto di vista della vita che può essere comune a tanti.
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Saggi sul pensiero di Freud:
Newton Compton: Psicoanalisi dell’arte e della letteratura (e-book)
La Feltrinelli: Psicoanalisi dell’arte e della letteratura (Cartaceo)
Mondadori: Parole che nascono libere. La scrittura creativa per la crescita e la terapia di Giampaolo Mazzara
La Feltrinelli: Penelope che parlava alle pietre. Frammenti di letteraturanima e d’oltre